L’esterometro e l’impatto sul ciclo passivo

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Pesanti sanzioni per chi non regolarizza nei termini

 

Negli ultimi giorni non viene data sufficiente attenzione al nuovo adempimento mensile, Esterometro, che impone la trasmissione dei dati relativi alle operazioni attive e passive transfrontaliere.

L’articolo 1 comma 3-bis del decreto legislativo numero 127/2015 stabilisce che

“I soggetti passivi di cui al comma 3 trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali e’ stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3.

È chiaro che si tratta di adempimento diverso e autonomo rispetto ai modelli Intrastat che continueranno a sopravvivere nell’attuale versione.

Le novità e le criticità del nuovo adempimento.

Scansione temporale: la comunicazione è mensile e in assenza di franchigia per importo

Chiunque ponga in essere una qualsiasi operazione attiva/passiva sarà obbligato alla comunicazione.

Non rientrano nell’obbligo:

  • le transazioni tracciate da Bolletta doganale;
  • quelle per le quali sia stato emesso un documento che sia transitato nel SdI.

È quindi possibile evitare l’esterometro per le operazioni attive inviando una fattura elettronica, codice XXXXXXX, al SdI e inviare la copia cartacea al cliente estero. Si precisa che adottare il sistema della fattura elettronica vuol dire che la stessa deve seguire tutte le norme che la presiedono in termini di modalità di trasmissione, scarto, conservazione.

Contenuto della comunicazione: il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 indica puntualmente i dati da trasmettere.

Ciò che colpisce è per il ciclo passivo la necessità di indicare sia la data del documento estero che la data di registrazione contabile dello stesso.

Dal confronto delle due possono emergere situazioni di violazioni sia dell’articolo 46 del decreto legge 331/1993 che dell’articolo 6 del decreto legislativo 471/1997.

Al momento non è possibile evitare l’esterometro per il ciclo passivo, in quanto la trasmissione al SdI di autofatture ex art. 17 comma 2 e integrazioni contabili non è effettuabile.

Esterometro, autofattura, reverse charge e integrazione contabile: la digitalizzazione normativa necessita di una riscrittura delle norme

Nonostante l’Agenzia delle Entrate nelle Faq sulla Fattura Elettronica affermi che per l’integrazione contabile nazionale il contribuente possa emettere un documento che per consuetudine viene chiamato “autofattura”, poiché contiene i dati tipici di una fattura e (in particolare) l’identificativo IVA dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente – può essere inviato al Sistema di Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’Agenzia delle Entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione; tale procedura, seppur indicata da alcuni autori come estensibile alle operazioni in oggetto, viene esclusa.

Del resto è di tutta evidenza, che tale procedura non sia percorribile nemmeno sul piano nazionale.

Si tratta di un’evidente stortura del sistema: il documento impropriamente chiamato autofattura, è formato in palese violazione degli articolo 17 comma 2 del dpr 633/1972 e 46 comma 1 del decreto legge numero 331/1993.

L’Agenzia delle Entrate e, purtroppo la maggior parte degli operatori ed interpreti, confonde l’autofattura ex art. 17, l’integrazione contabile da artt. 17 e 46 cit. e l’autofattura da art. 6 D.LGS. 471/1997 e 46 co. 5 DL 331/1993: l’SdI, oggi, è in grado solo di ricevere e contrassegnare correttamente (cod. TD20) le ultime due ipotesi; tutto il resto sono adattamenti che dimostrano come la digitalizzazione normativa necessiti di una riscrittura delle norme.

In tema di ciclo passivo estero, pertanto, i contribuenti dovranno comunicare per ogni operazione la data del documento e la data di registrazione, con l’evidenza della necessità del rispetto delle norme contenute nell’articolo 46 DL 331/1993 per quanto riguarda gli acquisti intracomunitari e nell’articolo 17 DPR 633/1972 e ss. per quanto riguarda gli acquisti di servizi internazionali.

Acquisti di beni intracomunitari: l’art. 47 co. 1 DL 331/1993 prevede che la fattura di acquisto di beni Intra-UE debba essere integrata (art. 46 co. 1) e annotata distintamente, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, nel registro di cui all’articolo 23 (registro fatture emesse).

Qualora il contribuente non ricevesse la fattura entro il secondo mese successivo quello di effettuazione dell’operazione (quindi consegna/spedizione dei beni), l’art. 46 /5 impone che lo stesso provveda ad emettere autofattura entro il 15 del terzo mese. Tale autofattura deve essere registrata entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente.

Vediamo di chiarire con un esempio: il 30 gennaio il cessionario nazionale riceve della merce, ma non la fattura. Se entro il 31 marzo non giunge la fattura dovrà tra l’1 aprile e il 15 provvedere ad emettere autofattura ai sensi dell’art. 46 /5. Se il cessionario ricevesse la fattura il 30 marzo dovrà registrare l’integrazione entro il 15 aprile, liquidando la stessa nel mese di marzo. Se la fattura arrivasse il 22 aprile il contribuente avrà già emesso l’autofattura ex art. 46 /5 in quanto il termine era spirato il 31 marzo. Tale termine è perentorio e non ordinario, ed è specularmente contenuto in ambito nazionale nell’art. 6 comma 8 del Decreto Legislativo 471/1997, quindi il ricevimento successivo della fattura non sana il comportamento del contribuente che nel mese di aprile non abbia emesso autofattura.

Di tale comportamento vi è traccia nell’esterometro: a maggio sarà comunicata una fattura datata 30.01.2019 e registrata in data 22 aprile 2019. In questo caso non vi saranno violazioni sanzionabili per errori nell’esterometro, ma sanzioni legate alla mancata emissione dell’autofattura.

La sanzione propria non esiste, per una carenza del richiamo normativo dell’art. 46 co. 5, ma leggendo il contenuto dell’art. 6 comma 9 bis ultimo capoverso si può rilevare quanto segue:

“Le disposizioni di cui ai periodi precedenti (sanzioni per omessa integrazione contabile) si applicano anche nel caso in cui, non avendo adempiuto il cedente o prestatore agli obblighi di fatturazione entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o avendo emesso una fattura irregolare, il cessionario o committente non informi l’Ufficio competente nei suoi confronti entro il trentesimo giorno successivo, provvedendo entro lo stesso periodo all’emissione di fattura ai sensi dell’articolo 21 …o alla sua regolarizzazione, e all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile.”

Un’interpretazione sistemica dovrebbe condurre a ritenere la sanzione di cui al primo capoverso sia applicabile anche a questa fattispecie, pertanto una sanzione compresa tra i 500 e i 20.000€.

Acquisti di servizi internazionali Intra UE

L’articolo 7-ter DPR 633/1972 prevede quale regola generale che il debitore d’imposta nei servizi internazionali tra soggetti passivi sia il committente, da ciò discende che il contribuente che richiede un servizio Intra UE, qualora non riceva la fattura, dovrà mettere in atto la procedura ex art. 6 co. 8 cit. In caso di omessa autofattura si applicherà la sanzione di cui all’art. 6 co. 9 bis u.c. citato.

Se in ambito nazionale per i servizi l’applicazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 471/1997 risulta residuale essendovi il principio contenuto nell’articolo 6 comma 3 DPR 633/1972 (momento di esigibilità dei servizi è il pagamento), in ambito internazionale l’esigibilità si ha nel momento di ultimazione del servizio e pertanto il termine di 4 mesi deve essere attentamente monitorato.

Acquisti di servizi internazionali extra UE

L’articolo 7-ter cit. si applica anche ai servizi extra UE che sono però caratterizzati da un prestatore che non è in grado di fornire una fattura da integrare, da ciò discende la necessità provvedere attraverso la vera autofattura (non l’integrazione confusa nelle Faq).

L’autofattura deve essere emessa in unico esemplare entro il 15 del mese successivo il mese di effettuazione dell’operazione (ultimazione o pagamento nei servizi internazionali). Anche in questo caso il contribuente che omette o ritarda l’autofattura potrà essere soggetto a sanzioni proprie (non da esterometro).

In tutti i casi va comunque rilevato che sia le integrazioni che le autofatture prevedono una doppia registrazione (vendite-acquisti), essendo necessario ricondurre il lato attivo al momento di effettuazione dell’operazione vi è anche un’indiretta violazione: la liquidazione IVA. L’iva a debito andrà imputata alla liquidazione del periodo di esigibilità, mentre l’iva a credito andrà scomputata nella liquidazione della registrazione contabile.

È consigliabile a tutti i contribuenti un monitoraggio puntuale ed attento delle operazioni passive estere al fine di evitare inutili, e rilevanti, sanzioni.

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Via lo Spesometro, arriva l’Esterometro

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Addio spesometro. Arriva l’esterometro

Dal primo gennaio 2019 entrerà a regime la fatturazione elettronica, si dice addio allo spesometro e arriva l’esterometro per le operazioni transfrontaliere.

La legge di Bilancio 2018, se da un lato abolisce lo spesometro, all’art. 1 comma 909 prevede per i soggetti Iva, l’obbligo di trasmettere “all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato (…) entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione”. 

Si tratta dell’esterometro, ossia dell’obbligo per i titolari di partita Iva residenti, stabiliti o identificati all’interno del territorio italiano, di trasmettere telematicamente i dati relativi operazioni transfrontaliere effettuate o ricevute, se non documentate da bolletta doganale o fattura elettronica.

Riferimenti normativi
L’obbligo relativo all’esterometro 2019 è ereditato dalla fattura elettronica. In particolare, il comma 3 dell’articolo 1 del Decreto Legislativo numero 127/2015 prevede che:

 “I soggetti passivi trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3 (obbligo della Fattura Elettronica).

La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione”

Ciò significa che per tutte le operazioni IVA attive e passive che non vengono poste in essere tramite fattura elettronica si renderà obbligatorio l’invio del modello in oggetto.

 

Esterometro 2019: come funziona?
In estrema sintesi consiste nella comunicazione di tutte le operazioni intrattenute con l’estero e più precisamente verso l’Unione Europea nei paesi al di fuori di questa. Sono naturalmente escluse tutte le operazioni tra soggetti che hanno la residenza fiscale in Italia, perché saranno oggetto di fatturazione elettronica.

Quali soggetti devono trasmettere l’esterometro?
Sono obbligati tutti i contribuenti titolari di partita Iva che risultano residenti fiscalmente in Italia oppure che in Italia hanno una stabile organizzazione o siano semplicemente identificati nello Stato italiano per quest’adempimento. Non è stato ancora chiarito se soggetti esonerati dalla compilazione dello spesometro saranno anche esonerati dalla trasmissione l’adempimento.

 Trattandosi nient’altro che della versione estera dello spesometro dobbiamo assumere che i casi di esenzione/esclusione dalla compilazione debbano essere gli stessi previsti per lo spesometro in vigore ad oggi.

Quali soggetti sono invece esclusi?

Le uniche eccezioni previste riguardano i contribuenti che si avvalgono:

  • del regime forfetario (art. 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190/2014);
  • del regime dei minimi (di vantaggio ex art. 27 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98).

Per questi soggetti resta fermo l’obbligo di emettere la fattura in formato digitale per le operazioni effettuate nei confronti della PA.

Quali operazioni comunicare nell’esterometro 2019?
Per quello che concerne l’ambito oggettivo di applicazione abbiamo visto che le operazioni da trasmettere sono quelle erogate o ricevute tra società, aziende, lavoratori autonomi, ditte, società di persone o di capitali tra una società italiana ed una con una residenza fiscale in UE o EXTRA UE.

Quali dati indicare?
Gli stessi richiesti dallo spesometro. Per cui a parte avere bisogno dell’anagrafica del cliente o del fornitore controparte UE o Extra UE, sarà necessario munirsi dei dati identificativi del cessionario/cliente, fattura emessa o ricevuta comprensiva della data, la data di registrazione, il numero della fattura, la base imponibile, aliquota Iva.

In sostanza vengono richiesti tutti gli elementi obbligatori della fattura così come definiti dall’ Unione Europea.

Invio mensile o trimestrale?
A differenza di quello che siamo stati abituati a fare con il modello Intrastat la periodicità dell’invio è mensile. La trasmissione del file xml dovrà avvenire entro il mese successivo a quello di riferimento, in cui la fattura viene emessa o ricevuta.

Ci sono delle sanzioni per chi non rispetta tale obbligo?
Il comma 915 prevede, per chi omette o commette errori nella trasmissione dei dati delle operazioni, la sanzione amministrativa di euro 2 per ciascuna fattura, nel limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre.

La sanzione verrà ridotta della metà, nel limite massimo di euro 500, se la trasmissione viene eseguita entro i 15 giorni successivi alla scadenza stabilita. Oppure se, nello stesso termine, il contribuente provvede al corretto invio dei dati.

Quindi?
Quindi, se ad esempio se un imprenditore italiano effettua un’operazione intracomunitaria nei confronti di un soggetto stabilito in Francia, la relativa fattura potrà essere emessa in formato cartaceo. Posto che contestualmente è stato abrogato lo spesometro, sarà necessario comunicare in altro modo all’Agenzia delle Entrate i dati presenti nella fattura emessa.

Il provvedimento n. 89757 del 30 aprile 2018 dedica un intero capitolo alla trasmissione telematica dei dati delle operazioni transfrontaliere. In particolare al punto 9.1 si stabilisce che per le operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute, verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, gli operatori IVA residenti trasmettono:

  • i dati identificativi del cedente/prestatore;
  • i dati identificativi del cessionario/committente;
  • la data del documento comprovante l’operazione;
  • la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti e le relative note di variazione);
  • il numero del documento;
  • la base imponibile, l’aliquota IVA applicata e l’imposta ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.

Al successivo punto 9.3 si stabilisce il termine per effettuare la comunicazione dei dati, vale a dire l’ultimo giorno del mese successivo rispetto alla data del documento emesso. Ad esempio se la fattura è stata emessa il 10 febbraio 2019, la comunicazione dei dati ivi contenuti deve essere effettuata entro il 31 marzo successivo. Per ciò che riguarda la comunicazione dei dati relativi alle fatture passive, l’adempimento deve essere effettuato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data di ricezione.

Il provvedimento ha poi specificato che “per la data di ricezione si intende la data di registrazione dell’operazione ai fini della liquidazione dell’Iva”. Ad esempio se una fattura passiva ricevuta in data 15 gennaio 2019 viene registrata durante il mese di settembre, l’adempimento deve essere effettuato entro il 31 ottobre del medesimo anno.

L’ultimo punto del provvedimento concede la facoltà di emettere le fatture transfrontaliere in modalità elettronica compilando solo il campo “CodiceDestinatario” con un codice convenzionale indicato nelle specifiche tecniche che risulta essere la lettera X per 7 volte (“XXXXXXX”). Nel campo “identificativo fiscale IVA” va inserita la partita IVA comunitaria e quando si tratta di soggetti extra UE va inserito il seguente codice: “OO 99999999999”. La trasmissione della fattura elettronica per le operazioni verso operatori esteri comporterà l’esonero della nuova comunicazione prevista per le operazioni transfrontaliere.

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